di Pier Paolo Pasolini di Licia Lanera con Licia Lanera, Nina Martorana luci Vincent Longuemare costumi Antonio Piccirilli
La mia Orgia è la tragedia di chi non sa stare al mondo.
Negando la sua definizione (non più tre, ma due: uno che è sia Uomo che Donna, più una ragazza), io sono un’unica voce e un unico corpo che racconta l’impossibilità di un essere umano a sottostare a certe leggi sociali, a subire l’inganno della lingua, a imprigionare il corpo in azioni ripetitive, sempre le stesse nel corso della storia.
Ci sono due mondi: uno fatto di paesaggi sconfinati, consolazioni, sorrisi sicuri, inconsapevolezza e armonia, alberi di gelsi , antenati: “Il mondo era così da almeno dodicimila anni”. E un altro, quello della camera dei due sposi, fatto di violenza e paura, di piacere e rimorsi. L’uomo e la donna riescono veramente a comunicare tra loro solo attraverso il linguaggio del corpo, il più violento. Questo gioco sadomasochistico della coppia è pretesto per parlare del rapporto della diversità, esistenziale, con la storia; e a questa tragedia esistenziale, si associa una riflessione sul linguaggio, cioè la negazione della lingua parlata in favore di quella del corpo. Ne ho fatto un unico ragionamento chirurgico e straziante su come è costretto ad affrontare la propria esistenza chi non riesce in nessun modo ad essere dalla parte del potere, e attraverso il rito della violenza, da entrambi accettato, voluto e desiderato, cerca di sfuggire ai meccanismi della storia.
Questa figura, in sottana e cappuccio, è un corpo e una voce che non trova il proprio posto dentro la società e ragiona e scalcia, piange, ferisce, si nasconde, si offre e alla fine muore. Muore due volte, muore un’infinità di volte. Si ammazza. Poiché solo nella morte si concretizza la volontà di essere liberi.
Ed ecco che lo spettatore si trova davanti il corpo attore. Come nel testo, così nella messa in scena, lottano il corpo e la parola. Il corpo dell’attore è esibito, sfiancato, violato e la parola lo incita e poi lo placa, lo esalta e lo distrugge, lo cura e lo violenta.
In un’ora vorrei quindi raccontare l’ultimo estremo atto di vitalità prima di morire.
(Licia Lanera)
di Pier Paolo Pasolini di Licia Lanera con Licia Lanera, Nina Martorana assistente alla regia Danilo Giuva consulenza artistica Alessandra Di Lernia luci Vincent Longuemare dipinti Giorgio Calabrese
produzione Fibre Parallele coproduzione Festival delle Colline Torinesi, CO&MA Soc. Coop. Costing & Management e con il sostegno di L’Arboreto-Teatro Dimora di Mondaino.