di Peter Handke con Lea Barletti, Werner Waas Harald Wissler (Musica)
(Tedesco-italiano con sovratitoli)
Un uomo e una donna si autoaccusano di comportamenti assunti e azioni compiute o non compiute nella propria vita, assecondando o infrangendo le regole della società. “Io non sono quello che sono stato. Non sono stato come avrei dovuto essere. Non sono diventato quel che sarei dovuto diventare. Non ho mantenuto quel che avrei dovuto mantenere.”
Come attori, abbiamo scelto di esporci ed offrirci in quanto rappresentanti e testimoni dell’umanità di volta in volta radunata per l’occasione dello spettacolo, lasciandoci guardare, senza mascheramenti, nel nostro rapporto con il testo, che risulta così inquietantemente familiare e conosciuto a tutti.
Questo è l’esperimento sociale, il gioco, che ci siamo proposti: lontani da tutte le mode e da ogni mainstream, confidiamo, in modo oggi quasi desueto, nella forza e nella struttura di un testo come impalcatura per un gioco con la lingua e con la comunicazione, con il comune essere ed agire nel nostro tempo. Attraverso questo “semplice” gioco, si manifesta con immediatezza tutto ciò che caratterizza il nostro presente: l’isolamento, la continua violenza perpetrata sul proprio spazio interiore, il desiderio d’intimità, l’essere impacciati nell’uso della lingua, la difficoltà di un pensiero non già pensato, lo scandalo di un sentimento collettivo, il disorientamento politico, il miracolo dell’empatia che sopravive nonostante tutto, la storia comune che inesorabilmente ci lega, tutti, in quanto esseri umani, in quanto “terrestri”.
La scelta del bilinguismo, con gli “abiti” linguistici diversi dei due attori, fatti di suoni, ritmi, tonalità e musicalità differenti, rende inoltre particolarmente visibile l’estraneità, la lingua come abito, e abitudine, che ci viene fatta indossare quasi “per forza”, una lingua frutto dell’educazione, una lingua che non basta mai e che cerca sempre, attraverso la descrizione minuziosa, attraverso parafrasi, o appunto attraverso una traduzione, di tirare fuori dal guscio l’essenza non dicibile.
Lo spettacolo mostra in tal modo che cosa è la lingua, cosa può essere, producendo contemporaneamente un potenziale di pensiero non integrabile e non camuffante, ma essenziale, agonistico e provocatorio: qualcosa di cui il nostro presente ha bisogno.
Lea Barletti e Werner Waas
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