L’UOVO DI COLOMBO
ovvero una storia vera di Cristoforo Colombo
Chi non ha immaginato di rivivere in prima persona, almeno una volta, momenti storici importanti? E’ quanto accade ad una ragazzina che, addormentandosi sui libri di scuola, rivive da protagonista la vita di Cristoforo Colombo, mischiando quanto ha imparato con elementi della sua esperienza quotidiana. La trama si sviluppa in quattro quadri e un finale; Nel primo lo studente Colombo affronta gli esami universitari per il brevetto nautico, confrontandosi col dotto mondo della cultura con i suoi punti fermi e restio alle novità. Nel secondo, complice il suo ex-professore di religione, incontra il Re e la Regina nel confessionale di quest’ultima e ne ottiene navi e permesso. Il terzo quadro è il viaggio, con le tempeste, le bonacce e l’ammutinamento e tutti gli avvenimenti tipici dell’avventura. Nel quarto quadro c’è la scoperta e l’incontro con il selvaggio, che poi tanto selvaggio non è…
Nel finale Colombo è cooptato nel accademia del nuovo mondo dove un giovane Magellano chiede il permesso di circumnavigare il nuovo mondo per scoprire altri mari e terre e Colombo deciderà di seguirlo, nello spirito della scoperta sempre possibile; si resta giovani se si scelgono sempre nuove mete ed obiettivi. Sei attori interpretano tredici personaggi in una mini commedia musicale di ambientazione storica, che attraverso il divertimento e l’uso del comico, lascia un messaggio: non accontentarsi delle proprie scoperte ma cercare sempre nuovi obiettivi, proponendo al contempo una riflessione sul periodo storico e sulla scienza dell’epoca.
Con: Roberto Cardone, Salvatore Caruso, Marina Cavaliere, Ciro D’Errico, Clelia Liguori, Niko Mucci
Regia: Niko Mucci
Età consigliata: 8-16 anni
Teatri Associati Napoli
Il desiderio di avvicinare centro e periferia attraverso una direttrice segnata da una proposta culturale capace di attrarre fasce diverse di spettatori ha segnato l’inizio di un percorso la cui tappa iniziale è stata la creazione di un nuovo soggetto che raccoglie l’esperienza e le professionalità di due realtà consolidate del panorama teatrale cittadino quali Libera Scena Ensemble e Interno5 che si sono riunite sotto la sigla di Teatri Associati di Napoli. Quindi la storia di Teatri Associati di Napoli è la risultante della condivisione di percorsi, che sebbene sviluppati in diversi momenti storici, hanno un denominatore comune: la passione per il teatro e per le arti in genere. Libera Scena è stata per anni una delle sigle più apprezzate nel panorama teatrale regionale e nazionale: negli anni si è contraddistinta per la sua vocazione artistica che ha sempre tenuto uno sguardo aperto sulla tradizione e una curiosità accentuata verso i nuovi linguaggi e le avanguardie, oltre a un significativo orientamento alla formazione di nuove generazioni di attori e tecnici. Interno5, pur essendo una formazione più giovane, ha dato prova in questi anni di essere un motore propulsivo capace di articolare con la propria sapienza organizzativa momenti di significativo confronto tra le generazioni di artisti con uno sguardo rivolto a tutto ciò che si sviluppava in questi anni oltre frontiera.
Per saperne di più:
http://www.liberascenaensemble.it
LA STRADA CHE NON ANDAVA IN NESSUN POSTO
(da Favole al telefono, Gianni Rodari, 1962)
All’uscita del paese si dividevano tre strade: una andava verso il mare, la seconda verso la città e la terza non andava in nessun posto. Martino lo sapeva perché l’aveva chiesto un po’ a tutti, e da tutti aveva avuto la stessa risposta:
– Quella strada lì? Non va in nessun posto. È inutile camminarci.
– E fin dove arriva?
– Non arriva da nessuna parte.
– Ma allora perché l’hanno fatta?
– Non l’ha fatta nessuno, è sempre stata lì.
– Ma nessuno è mai andato a vedere?
– Sei una bella testa dura: se ti diciamo che non c’è niente da vedere…
– Non potete saperlo, se non ci siete stati mai.
Era così ostinato che cominciarono a chiamarlo Martino Testadura, ma lui non se la prendeva e continuava a pensare alla strada che non andava in nessun posto. Quando fu abbastanza grande da attraversare la strada senza dare la mano al nonno, una mattina si alzò per tempo, uscì dal paese e senza esitare imboccò la strada misteriosa e andò sempre avanti. Il fondo era pieno di buche e di erbacce, ma per fortuna non pioveva da un pezzo, cosi non c’erano pozzanghere. A destra e a sinistra si allungava una siepe, ma ben presto cominciarono i boschi. I rami degli alberi si intrecciavano al di sopra della strada e formavano una galleria oscura e fresca, nella quale penetrava solo qua e là qualche raggio di sole a far da fanale. Cammina e cammina, la galleria non finiva mai, la strada non finiva mai, a Martino dolevano i piedi, e già cominciava a pensare che avrebbe fatto bene a tornarsene indietro quando vide un cane.
– Dove c’è un cane c’è una casa, – rifletté Martino – o per lo meno un uomo.
Il cane gli corse incontro scodinzolando e gli leccò le mani, poi si avviò lungo la strada e ad ogni passo si voltava per controllare se Martino lo seguiva ancora.
– Vengo, vengo, – diceva Martino, incuriosito.
Finalmente il bosco cominciò a diradarsi, in alto riapparve il cielo e la strada terminò sulla soglia di un grande cancello di ferro. Attraverso le sbarre Martino vide un castello con tutte le porte e le finestre spalancate, e il fumo usciva da tutti i comignoli, e da un balcone una bellissima signora salutava con la mano e gridava allegramente:
– Avanti, avanti, Martino Testadura! – Toh, – si rallegrò Martino – io non sapevo che sarei arrivato, ma lei sì.
Spinse il cancello, attraversò il parco ed entrò nel salone del castello in tempo per fare l’inchino alla bella signora che scendeva dallo scalone. Era bella, e vestita anche meglio delle fate e delle principesse, e in più era proprio allegra e rideva:
– Allora non ci hai creduto.
– A che cosa?
– Alla storia della strada che non andava in nessun posto.
– Era troppo stupida. E secondo me ci sono anche più posti che strade.
– Certo, basta aver voglia di muoversi. Ora vieni, ti farò visitare il castello.
C’erano più di cento saloni, zeppi di tesori d’ogni genere, come quei castelli delle favole dove dormono le belle addormentate o dove gli orchi ammassano le loro ricchezze. C’erano diamanti, pietre preziose, oro, argento, e ogni momento la bella signora diceva: – Prendi, prendi quello che vuoi. Ti presterò un carretto per portare il peso. Figuratevi se Martino si fece pregare. Il carretto era ben pieno quando egli ripartì. A cassetta sedeva il cane, che era un cane ammaestrato, e sapeva reggere le briglie e abbaiare ai cavalli quando sonnecchiavano e uscivano di strada. In paese, dove l’avevano già dato per morto, Martino Testadura fu accolto con grande sorpresa. Il cane scaricò in piazza tutti i suoi tesori, dimenò due volte la coda in segno di saluto, rimontò a cassetta e via, in una nuvola di polvere. Martino fece grandi regali a tutti, amici e nemici, e dovette raccontare cento volte la sua avventura, e ogni volta che finiva qualcuno correva a casa a prendere carretto e cavallo e si precipitava giù per la strada che non andava in nessun posto.
Ma quella sera stessa tornarono uno dopo l’altro, con la faccia lunga cosi per il dispetto: la strada, per loro, finiva in mezzo al bosco, contro un fitto muro d’alberi, in un mare di spine. Non c’era più né cancello, né castello, né bella signora. Perché certi tesori esistono soltanto per chi batte per primo una strada nuova, e il primo era stato Martino Testadura.
La casella di posta elettronica info@casadellospettatore.it è a disposizione di quanti vogliano stabilire un contatto diretto con lo Sportello didattico dei Teatri di Bari, per confrontare esperienze, spunti e modalità di impiego delle schede