regia Ivano Picciallo
con Adelaide di Bitonto, Giuseppe Innocente, Ivano Picciallo, Francesco Zàccaro
luci Camilla Piccioni costumi Lorena Curti maschere Officine Zorba
aiuto regia Marta Franceschelli foto e grafica Manuela Giusto
con il sostegno di I Nuovi Scalzi | Nuovo Cinema Palazzo | Iac Malmand Teatro
Un paese del sud Italia. Il sole cocente d’agosto, il lamento di un gruppo di vecchi in piazza, l’eco
del megafono del fruttivendolo. Immense campagne all’orizzonte coltivate a pomodori dove
uomini lavorano a capo chino, senza sosta. Sammarzano è il viaggio di Dino, che, attraverso il suo
sguardo, deforma i personaggi grotteschi che lo accompagnano nella storia, portando allo scoperto
le contraddizioni e la tragicità di una realtà invisibile, mettendo una lente sulla più grande baraccopoli
d’Italia. Nella sua cruda semplicità, Dino diventa filtro tra realtà e immaginario, vetro frapposto
tra pubblico e attori in scena attraverso il quale è possibile assistere alla sua vita, al suo quotidiano,
alle sue speranze, ai suoi sogni.
Note di regia
La scelta di raccontare questa realtà nasce da un’urgenza sociale e culturale, una riflessione circa il
mondo che si muove intorno a quella che è una vera e propria città invisibile. Per noi è importante
portare alla ribalta questa verità e offrire al pubblico un punto di vista per leggere il fenomeno delle
migrazioni e dell’accoglienza attraverso un’altra lente. Nello spazio scenico, una sequenza di
quadri riflettono una realtà di paese e tentano di ricrearla. Un dinamismo perpetuo di immagini
che si rincorrono e si susseguono prepara il terreno dove Dino potrà vagare liberamente cambiando
e deformando i personaggi attraverso il suo sguardo. Diventare immigrato è il sogno di Dino e
lo fa calzando una maschera. Da qui nasce il tentativo di cercare una forma di linguaggio possibile
in cui l’attore dichiaratamente gioca a interpretare un personaggio mascherandosi. Con un particolare
lavoro sulle fisicità dei personaggi e sull’uso delle maschere di commedia dell’arte, scardiniamo
il codice tradizionale creando un cortocircuito mirato a decontestualizzare la maschera di commedia
dalla commedia stessa. Potremmo infatti definire Dino un Arlecchino nuovo, contemporaneo.
Chi ha la maschera è un immigrato, un diverso, e Dino è un diverso tra i diversi.
Ivano Picciallo