MAŠARA
di Ilenia Tundo
con Angelica Pagliei e Ilenia Tundo
UNKNOWN
di e con Alessia Lombardi
KLORE
di Mariangela Di Santo e Carla Andolina
in collaborazione con Fondazione Milano – Civica Scuola di Teatro Paolo Grassi
MAŠARA
Masara indaga alcune manifestazioni del femmineo inteso come antica essenza vitale, erotica, creativa –talvolta oscura – trasversale all’agire femminile, da cui emerge un’attitudine metamorfica che oscilla tra potenza visionaria e fragilità. Attitudine, questa, che sottende implicite forme di resistenza ai dispositivi sociali di controllo e manipolazione corporea, e che si distanzia da una narrazione conciliante e semplificatoria.
Il pensiero coreografico rielabora attraverso il corpo e il gesto, l’immaginario irrisolto e contraddittorio, evocato nella raccolta di poesie “Medicamenta e altri Medicamenta” di Patrizia Valduga (1989) e le riflessioni proposte da Silvia Federici nel testo “Calibano e la Strega” che, analizzando in chiave critica differenti periodi storici, offre una nuova prospettiva interpretativa del ruolo sociale della donna ne tempo.
Ciò che viene espresso in scena, dunque, è un universo intimo e al contempo frammentato, attraversato da una costante tensione fisica ed emotiva,talvolta esasperata, del corpo. Quest’ ultimo mosso da un ascolto, s’intreccia, si fonde, si distacca per poi ricongiungersi, generando una relazione in continua trasformazione.
I corpi sembrano essere legati da uno stesso organo genitale condiviso; uno si trascina al suolo raggiungendo il luogo, assumendo le sembianze di una creatura amorfa, che si scoprirà, poi, duplice di sé stessa, differente, ma in egual modo complementare.
Così come una molecola respirante il corpo vive nel suo medesimo e nell’altro, fino all’apice dell’intesa, quando giunge la rottura, il distacco dei due corpi segna l’individualità e la sfumatura di ognuno; manifesta, servendosi dello spazio, del tempo e del suono la sua essenza più pura.
Il ritorno all’origine corrisponde al punto di conclusione, la figura si ricompone in una nuova forma di lavoro congiunto, accompagnato questa volta da una seconda essenza indefinita.
La voce.
UNKNOWN
Decostruire per evolversi.
La necessita del corpo di liberarsi da sovrastrutture imposte dallo sguardo esterno, ricercando l’Essenza: una materia sfuggente che fa perdere i sensi. Il progetto ha la volonta di mostrare il processo di un corpo nel tentativo di un ritorno al Caos, uno stato di disarmonia che possa ridefinire armonia. È necessario cadere costantemente nel baratro di un processo in continuo divenire, per permettere al corpo di farsi portatore dell’espressione del dialogo tra spazio, tempo e sostanza. Un percorso di domande senza soluzioni, di un’entrata senza uscita. Questo viaggio permane all’interno del microcosmo corporeo, risulta informe ed intangibile, ma essenziale per la scoperta di nuove dimensioni. La ricerca pone, inoltre, dei quesiti riguardo l’esistenza di spazio e tempo, e del conseguente ruolo che assume la sostanza nel dialogo tra i due.
Il corpo viene utilizzato come mezzo per affermare il dominio di una dimensione sull’altra, oppure e esso stesso il principio regolatore da cui esse dipendono? Le dinamiche di tale relazione attraversano la sostanza in un flusso continuo e vengono rielaborate per essere riammesse nella tangibilita sotto nuovi stati. Se lo spazio, pero’, andasse piu veloce del tempo, travolgendo la materia corporea?
KLORE
Klore si inserisce nella ricerca sul materiale della tradizione popolare focalizzandosi sulla funzione di intrattenimento e evasione dalla realtà quotidiana del folklore. Nell’assistere alla performance, il pubblico si distacca dalla sua routine per immergersi in una dimensione altra. Strumenti di creazione sono stati tre dei parametri della performance folkloristica identificati dall’antropologo Victor Turner: playfulness, framing, uso di linguaggio simbolico. Ad aprire la performance è un momento lasciato all’improvvisazione, stabilendo un rapporto di giocosità tra i performer che abitano lo spazio seguendo una schema di regole che solo loro conoscono. L’area di gioco è ben delimitata da un reticolato che emerge sotto i loro piedi, percorribile in tutta la sua ampiezza fino a ridursi a un cerchio nella sua parte centrale, nella seconda parte della performance. È possibile scorgere, dall’inizio alla fine, alterazioni e variazioni delle figure simboliche ricorrenti nella tradizione della tarantella, quali la giara, la mezza giara, il raccogliere i fiori, il fazzoletto rosso e la danza in cerchio. Il drive del lavoro è quello di ridare rilevanza al materiale folkloristico in ambito di ricerca contemporanea, senza attuare una ricostruzione filologica delle danze popolari. Protagonisti della performance, infatti, sono tre performer in scena, che scardinano la tradizionale coppia chiusa della tarantella. Partendo dall’ osservazione e comprensione dei rituali si è passati all’esplorazione dello spazio performativo, costituito da quattro triangoli intersecati, atto a sottolineare le tre parti che vi agiscono; e interazione con l’altro: incontrarsi, scontrarsi, reagire, giocare a cogliere le connessioni tra le figure riprese. Il lavoro si finalizza infine nell’affinamento di scambi e incroci durante un andamento concentrico circolare.
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