Bahamuth

Teatro Kismet il 21/03/2020 21.00 il 22/03/2020 18.00

RezzaMastrella – TSI La Fabbrica dell’Attore Teatro Vascello Bahamuth

di Flavia Mastrella Antonio Rezza
con Antonio Rezza e con Ivan Bellavista e Neilson Bispo Dos Santos
liberamente associato al “Manuale di zoologia fantastica” di J.L. Borges e M. Guerrero
(mai) scritto da Antonio Rezza habitat di Flavia Mastrella
assistente alla creazione Massimo Camilli disegno luci Maria Pastore rielaborato da Daria Grispino macchinista Andrea Zanarini organizzazione Stefania Saltarelli

Tre prologhi, un corpo

Un uomo steso fa le veci del tiranno. E cede il passo all’atleta di Dio che volteggia sulle sbarre con le braccia della disperazione. E poi un nano, più basso delle sue ambizioni, che usa lo scuro per fare, e la luce per dire.

Frattanto qualcuno cade dall’alto e si infila i piedi nella gola. E quindi la realtà figurata delle vittime del povero consumo, connotate da assenza di astrazione, con il padrone unto dall’autorità del denaro.

Ma si affaccia Bahamuth, l’essere supremo, che dopo breve apparizione si sottrae al tempo e al giudizio. Mentre la merce si mescola a corpi fatti a pezzi.

Pezzi di uomo ancora da nascere ma già immolati alla meschinità costituita. E viaggiatori dell’anima con il corpo stanco, alloggiati come bestie a copulare nel grande albergo della carne mozza. Intanto le sfilate della vanità su corpi zoppi e deceduti.

E un amico che parla senza voce e sente senza orecchie. Ma il senso della vita si incontra solo all’infinito dove l’uomo fa la fine del capretto da sgozzare. Brufoli e depressioni tristemente accomunati con le bibite a ghiacciare le parole nella gola. Ma la corsa al vestire il corpo nudo e verme non da tregua all’uomo pellegrino, mentre le braccia del padrone, camuffate da proletariato, saltano al ritmo di una danza di classe. E l’orologio segna sempre l’ora in cui un passerotto castrato, si affaccia e grida la sua costernazione sotto forma di cucù, per poi rientrare diligente nella trappola del tempo. Editti a favore di chi non ha. Urla squassanti di chi non è.

Urla come indiani, urla che non vengono capite perché non le si vuol capire.

Ma come Bahamuth sostiene il mondo, così le immagini si sovrappongono.

E il gran finale, con i personaggi a fare la figura degli sguatteri mentre l’autore che li muove è il

gerarca dalla lingua biforcuta.

L’autore è il male dell’opera.

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