di Riccardo Spagnulo regia e spazio Licia Lanera con Sara Bevilacqua, Corrado La Grasta, Licia Lanera, Riccardo Spagnulo voce del Capitone Demetrio Stratos
Furie de sanghe significa, in dialetto barese arcaico, emorragia cerebrale. Furie de sanghe è un pensiero, è un verme, anzi un capitone che cresce nella testa, diventa possente, si agita nervoso, cerca una via d’uscita. Furie de sanghe sono i cattivi pensieri, le fissazioni. Quando l’emorragia scoppia è sangue che si versa, è dolore, rumore, ammutinamento. Quella che vogliamo raccontare è una una Bari, archetipica e infelice, un pezzo di terra che puzza di pesce andato a male e che si brutalizza per la sua ignoranza, che stupra l’umano con la sua violenza. Una famiglia di tre persone e un capitone. Arriva una nuora indesiderata e allo stesso tempo molto desiderata: è scompiglio, cattiveria, amplificazione della piccola violenza quotidiana. La lingua barese suggella il senso di aggressività: arriva sincopata, tagliente e prepotente in faccia alle persone, come uno sputo; sfonda ogni regola sociale, invade lo spazio, se lo ingoia e poi lo risputa con la stessa violenza di un colpo di mannaia. E’ la lingua che grida parole infami e che sussurra pettegolezzi, la lingua che mozza le parole: parole mutilate, parole spezzate, parole scomposte, parole sverginate. In una comunicazione primordiale, archetipo barbarico, crudele rito tribale.
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