di Carlo Goldoni
Regia Marinella Anaclerio
Con: Stella Addario, Flavio Albanese, Antonella Carone, Patrizia Labianca, Loris Leoci, Tony Marzolla, Luigi Moretti, Dino Parrotta, Domenico Piscopo
Scene/Immagine Pino Pipoli
Costumi Simona De Castro
Disegno luci Cristian Allegrini
Vocal coach Isabella Minafra
Consulenza coreografica Dino Parrotta
Assistente alla regia Massimiliano Di Corato
Organizzazione Dario Giliberti
Comunicazione Marilù Ursi
Amministrazione Lucia di Mauro
Produzione Compagnia del Sole
Realizzazione scene Laboratorio Federico II Eventi
«Io non pretendo già che le mie Commedie abbiano ad essere la scuola degli uomini; ma questa sì vorrei che lo fosse, e in questa ho studiato di farla da Precettore, quanto mai ho potuto; perché avendone io nel tempo passato avuto bisogno, avrei desiderato mirar su le Scene un esemplare, che mi avesse svegliato e corretto. » C. Goldoni
Così sottolinea Goldoni a proposito della sua commedia, scritta nel 1750, anno della scommessa con il suo pubblico di scrivere 16 commedie nuove in 12 mesi, ed andata in scena nel 1751. Scommessa appunto, ovvero un lanciarsi oltre l’ostacolo del logico per fare qualcosa di mai tentato prima, qualcosa di memorabile e speciale. Il gioco d’azzardo come vertigine, dunque, per lui non era soltanto legato al desiderio di accumulo di danaro ma un vero sistema di vita.
In ogni caso i tavoli del gioco d’azzardo li conosceva molto bene, come conosceva molto bene tutti i retrobottega e casinò, ufficiali e non, dove si facevano e disfacevano fortune. Gli specialisti definiscono la ludopatia con l’acronimo GAP (Gioco d’Azzardo Patologico). Tre lettere che in inglese formano una parola dai significati vari ed emblematici: “divario”, ”vuoto”, ”lacuna”. Ed è davvero un vuoto profondo quello che spinge le persone ad ammalarsi di gioco d’azzardo, visto che antepongono la loro mania (che si tratti di gratta e vinci, slot machine, poker online) ai rapporti personali, agli affetti, a tutto ciò per cui vale la pena vivere.
Nello specifico Goldoni affronta questo tema ne La bottega del caffè e ne Il giuocatore. Abbiamo scelto quest’ultima, affascinati dall’impianto tragicomico e corale, forti di un ensemble di attori affiatati da anni di lavoro insieme, su testi sia comici che drammatici. L’autore ci racconta la giornata tipo, dall’alba al tramonto, di un giovane borghese, Florindo, completamente asservito al gioco, senza altri orizzonti ed obiettivi concreti. Goldoni abilmente ne dipinge l’ambiente: fidanzate, amici, veri e finti, servitori approfittatori e protettori.
Con questa pièce riesce a mettere a nudo con destrezza i meccanismi mentali del giocatore patologico, svelando tutti i processi e le trappole in cui il ludopatico cade trascinando spesso con sé quanti lo circondano. Lo spettatore, con l’avanzare della storia, si ritrova su un crinale a confine tra tragedia e commedia. Si ride ma si comprende anche quanto il gioco d’azzardo sia una dipendenza drammatica, non meno pericolosa di un qualsiasi stupefacente.
« Crediamo fermamente che il teatro debba sempre confrontarsi in modo poetico con il presente, mai come oggi portare in scena Il giuocatore ci consente di proporre al pubblico un’analisi tragica e comica della ludopatia come fenomeno sociale diffuso tra giovani e meno giovani. » M. Anaclerio
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