di Annibale Ruccello
regia e spazio Danilo GIUVA
con Danilo Giuva
Una madre è colei che dà inizio alla vita, è colei che rende possibile l’inizio di un altro mondo, è colei che fa esistere un’altra volta, ancora una volta, il mondo. Nell’atto del concepimento la madre diventa creatrice, generatrice di un corpo che cresce, si espande, che acquista le sue forme, per rivelare, però, alla fine, la sua trascendenza.
La maternità è, dunque, l’evento in cui ogni madre incontra, la dimensione irreversibile della perdita. È l’atto in cui la madre, perde il frutto creato dal suo corpo, in cui cessa di essere creatrice.
La maternità non è mai un evento della biologia, quindi, ma, innanzitutto, un evento del desiderio.
Il desiderio di reintegrare quel frutto nel suo corpo, di ripristinare il potere generatore della vita.
“Mamma” è uno spettacolo sul cortocircuito, sul bug che infetta il cervello delle madri nell’istante della perdita.
La mia “Mamma” è la rappresentazione, attraverso la figura materna, dell’amore, dell’amore dirottato, del tradimento della propria esistenza.
“Mamma” è il confine nel quale ci perdiamo, ci inseguiamo e in cui non ci risolviamo.
Sono quattro brevi storie che, partendo da una fiaba, intrisa di magie e malefici, si ri-avvicinano, man mano, al mondo reale.
Quattro donne che, confinate in un piccolo spazio, disegnano un’unica parabola ascendente di ferocia in cui, passando proprio attraverso la Vergine Maria, la mamma è l’unica protagonista.
Una mamma in cui si cerca un naturale rifugio, che parla una lingua arcaica, terrena, che diventa progressivamente, l’incarnazione metaforica della disgregazione del nido familiare in funzione del Sé e dell’adeguamento di esso e della sua lingua, al contesto sociale in cui vive, al punto di disconoscere ogni sua mansione naturale e rivelare, all’opposto, un animo di genitrice perfida, mutevole e finanche sadica.
“Mamma” parla di quattro tragedie ispirate alle figure disegnate da Annibale Ruccello nel suo “Mamma – piccole tragedie minimali” raccontate ed incarnate nel mio foggiano, nella mia lingua madre, appunto.
In fondo si sa – sono tutte belle le mamme del mondo.
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